I medici che non sono cittadini italiani oppure i titoli di laurea conseguiti al di fuori dell’Italia fanno insorgere alcune particolarità ai fini dell’iscrizione all’Ordine professionale e, quindi, ai fini dell’esercizio della professione in Italia.
Le particolarità riguardano due versanti: da un lato la questione della cittadinanza e le relative norme sull’immigrazione e, dall’altro, la validità dei titoli di studio conseguiti all’estero.
Per illustrare tutte le varie fattispecie, è innanzitutto opportuno fare alcune precisazioni.
L’Unione Europea (UE) dal 2007 comprende i seguenti Paesi: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria. Pertanto i soggetti che hanno la cittadinanza di uno di questi Paesi sono definiti “comunitari” e la laurea conseguita in uno di questi Paesi è definita “titolo comunitario”.
Fanno invece parte dello “Spazio Economico Europeo” (SEE) i seguenti Paesi: Islanda, Liechtenstein e Norvegia che, pur non appartenendo alla UE, ai fini della presente disamina, sono equiparati ai Paesi UE. Pertanto i soggetti che hanno la cittadinanza di uno di questi Paesi, pur non essendo “comunitari”, godono dello stesso trattamento normativo dei cittadini comunitari.
Infine la Svizzera, pur non appartenendo né alla UE né al SEE, ai fini della presente disamina è equiparata ai Paesi UE, per cui gli svizzeri, pur non essendo “comunitari”, godono dello stesso trattamento normativo dei cittadini comunitari.
In conclusione, per semplicità di trattazione, quando di seguito si utilizza la sigla “UE” devono intendersi tutti i Paesi dell’Unione Europea, i Paesi appartenenti al SEE e la Svizzera.
I cittadini di tutti gli altri Stati del mondo sono definiti, a questo fine, “non UE” e non beneficiano del trattamento previsto dalle normative europee per i cittadini comunitari.
Per prima cosa è opportuno classificare le varie ipotesi che si possono presentare:
- Medici con cittadinanza ITALIANA che si sono laureati all’estero, in un Paese UE;
- Medici con cittadinanza ITALIANA che si sono laureati all’estero, in un Paese NON UE;
- Medici con cittadinanza UE, che si sono laureati in Italia;
- Medici con cittadinanza UE, che si sono laureati in un Paese UE;
- Medici con cittadinanza UE, che si sono laureati in un Paese NON UE;
- Medici con cittadinanza NON UE, che si sono laureati in Italia;
- Medici con cittadinanza NON UE, che si sono laureati in un Paese UE;
- Medici con cittadinanza NON UE, che si sono laureati in un Paese NON UE.
Ipotesi n. 1 – Medici cittadini ITALIANI laureati nella UE
Il medico italiano laureato nella UE, prima di potersi iscrivere all’Ordine ed esercitare la professione in Italia, deve ottenere il riconoscimento della laurea comunitaria.
In Italia l’autorità competente a pronunciare il riconoscimento delle lauree in medicina e in odontoiatria è il Ministero della Salute, al quale va presentata apposita domanda utilizzando la modulistica disponibile sul sito internet del Ministero: www.salute.gov.it/ProfessioniSanitariePubblico/.
Il Ministero della Salute esamina la domanda e, trattandosi di laurea conseguita nella UE, solitamente conclude tale esame piuttosto rapidamente con l’emanazione di un formale decreto di riconoscimento con valore abilitante del titolo che, a questo punto, è omologato e quindi utile per poter iscriversi all’Ordine (non è necessario sostenere l’esame di abilitazione).
Il medico ha due anni tempo, quindi, per presentare domanda di iscrizione all’Ordine dei Medici competente per territorio (ossia quello della provincia dove il medico risiede) e, una volta iscritto, è legittimato ad esercitare la professione in Italia.
Ipotesi n. 2 – Medici cittadini ITALIANI laureati fuori della UE
Anche in questo caso il medico deve innanzitutto ottenere il riconoscimento del titolo da parte del Ministero della Salute, al quale è necessario presentare apposita domanda.
Trattandosi però di laurea conseguita al di fuori della UE, il Ministero della Salute indice una Conferenza dei Servizi a cui partecipa anche il Ministero dell’Università. Tale Conferenza esamina il piano di studi del candidato e, alla fine, può pervenire a tre differenti conclusioni:
- Accoglimento dell’istanza con immediato decreto di riconoscimento;
- Prescrizione al candidato di una verifica della sua formazione attraverso una prova attitudinale oppure indicando gli esami universitari da sostenere presso un Ateneo italiano;
- Rigetto dell’istanza.
Nel primo caso (accoglimento dell’istanza) il medico ha due anni di tempo per chiedere l’iscrizione all’Ordine, come detto al punto precedente.
Nel secondo caso (esami o verifica integrativi) il medico deve rivolgersi ad una Università e completare la formazione, come richiesto dalla Conferenza dei Servizi. Solo dopo aver completato questo passaggio, potrà ottenere il diploma di laurea valevole in Italia, cui dovrà seguire l’esame di abilitazione e, infine, l’iscrizione all’Ordine.
Nel terzo caso, il medico non può ottenere l’iscrizione all’Ordine e quindi non è legittimato ad esercitare in Italia.
Ipotesi n. 3 – Medici cittadini UE laureati in Italia
Il medico cittadino UE gode del cosiddetto “diritto di stabilimento”, cioè può liberamente stabilirsi (cioè risiedere stabilmente) in un Paese dell’Unione Europea per esercitare la professione.
Non è quindi necessario che abbia il permesso di soggiorno previsto dalla legge sull’immigrazione, ma comunque deve fissare la sua residenza in Italia, proprio per dimostrare il suo effettivo “stabilimento”.
Dal punto di vista del titolo, la laurea in Italia ovviamente non ha bisogno di alcun riconoscimento, per cui il medico UE laureato in Italia, dopo aver superato anche l’esame di abilitazione, può immediatamente chiedere l’iscrizione all’Ordine professionale competente per territorio (quello della provincia dove risiede).
Ipotesi n. 4 – Medici cittadini UE laureati nella UE
Fermo restando quanto detto sopra relativamente al diritto di stabilimento, il fatto che la laurea sia stata conseguita non in Italia ma in un Paese UE impone al medico di chiederne il riconoscimento al Ministero della Salute, come descritto al punto n. 1.
Siccome in questo caso si sta parlando di un medico non italiano e laureato all’estero, prima di poter ottenere l’iscrizione all’Ordine (e quindi di poter esercitare la professione in Italia) è necessario che dimostri di conoscere la lingua italiana e le normative che regolano l’esercizio della professione in Italia. Tale verifica è svolta dall’Ordine professionale a cui il medico rivolge domanda di iscrizione. Se tale verifica si conclude positivamente, l’Ordine procede alla sua iscrizione all’Albo. In caso contrario indica un termine entro il quale il medico deve sostenere una nuova verifica, dando tempo al richiedente di acquisire una buona padronanza della lingua e una buona conoscenza delle normative italiane.
Ipotesi n. 5 – Medici cittadini UE laureati fuori della UE
Fermo restando quanto detto sopra relativamente al diritto di stabilimento, il fatto che la laurea sia stata conseguita in un Paese non comunitario impone al medico di chiederne il riconoscimento al Ministero della Salute, come descritto al punto n. 2.
Anche in questo caso, dopo il riconoscimento del titolo (o il superamento degli esami o verifiche integrative), è necessario svolgere la prova di verifica di conoscenza della lingua italiana e delle normative nazionali, come descritto al punto n. 4.
Ipotesi n. 6 – Medici non UE laureati in Italia
I medici cittadini non UE sono soggetti alle regole previste dalle leggi sull’immigrazione, per cui devono essere in possesso di un permesso di soggiorno in Italia in corso di validità.
Ai fini dell’iscrizione agli Albi professionali, le tipologie di permessi di soggiorno considerate valide sono le seguenti:
- Per motivi di lavoro (autonomo o subordinato) o in attesa di occupazione;
- Per motivi familiari;
- Per motivi di studio e formazione, limitatamente al periodo di studio e formazione, con la precisazione che tale tipologia di permesso di soggiorno consente al medico l’esercizio di attività lavorativa per un tempo non superiore a 20 ore settimanali e, comunque, per non più di 1040 ore di lavoro annue.
Il permesso di soggiorno ha sempre una scadenza per cui deve essere periodicamente rinnovato presso la Questura. Il mancato rinnovo comporta la cancellazione dall’Albo e, quindi, l’impossibilità di proseguire ad esercitare la professione in Italia.
É ovviamente titolo valido anche la carta di soggiorno a tempo indeterminato, che sostituisce il permesso di soggiorno temporaneo.
Per quanto riguarda il titolo di studio, la laurea conseguita in Italia non pone alcuna necessità di riconoscimento. Tuttavia bisogna valutare se tutto il corso di laurea è stato svolto in Italia oppure se una parte degli esami sono stati sostenuti all’estero e solo gli altri in Italia. In questo secondo caso, infatti, la frequenza solo parziale del corso di laurea in Italia consente l’iscrizione all’Albo del richiedente solo se congiunta al possesso di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro (autonomo o subordinato), in attesa di occupazione o per motivi familiari. Viceversa, se il medico è in possesso di un permesso di soggiorno per motivi di studio, lo svolgimento parziale del corso di laurea in Italia non consente l’iscrizione all’Albo professionale italiano.
Infine è necessario verificare se il medico sia stato ammesso a frequentare il corso di laurea in Italia in soprannumero grazie ad una apposita autorizzazione e finanziamento del suo Paese di provenienza perché in questo caso il medico, una volta terminati gli studi, non può rimanere a lavorare in Italia ma deve rientrare nel suo Paese di origine, che gli ha finanziato gli studi.
Tutti questi aspetti (regolarità del soggiorno, regolarità del titolo) sono valutati dal Ministero della Salute al quale l’Ordine chiede un previo parere prima di poter iscrivere all’Albo il richiedente, anche perché la normativa sull’immigrazione attribuisce al Ministero la valutazione circa la compatibilità con i flussi migratori in ingresso. Di conseguenza l’Ordine si attiene al parere espresso dal Ministero.
Ipotesi n. 7 – Medici non UE laureati nella UE
Per quanto riguarda i motivi del soggiorno in Italia, valgono le stesse indicazioni date al punto precedente.
Per quanto riguarda, invece, il titolo di studio, è necessario il previo riconoscimento da parte del Ministero della Salute, come descritto al punto n. 1.
Infine è necessario procedere alla verifica della conoscenza della lingua italiana, come descritto al punto n. 4.
Ipotesi n. 8 – Medici non UE laureati fuori dalla UE
Per quanto riguarda i motivi del soggiorno in Italia, valgono le stesse indicazioni date al punto n. 6.
Per quanto riguarda, invece, il titolo di studio, è necessario il previo riconoscimento, come descritto al punto n. 2.
Infine è necessario procedere alla verifica della conoscenza della lingua italiana, come descritto al punto n. 4.
Caso particolare: laurea non comunitaria già riconosciuta da un Paese UE
L’eventuale riconoscimento della laurea non comunitaria da parte di un Paese UE non comporta l’automatico riconoscimento del titolo anche in Italia.
É perciò necessario che il medico presenti comunque al Ministero della Salute la domanda di riconoscimento come descritto al punto n. 2, facendo presente di aver già ottenuto il riconoscimento in un altro Paese UE.
Caso particolare: lavoro occasionale in Italia
Le direttive comunitarie prevedono che il medico cittadino UE possa liberamente svolgere atti medici in tutti i Paesi della UE, senza bisogno di stabilirsi in un Paese, ma svolgendo solo attività occasionali. In questo caso di parla di “Libera prestazione di servizi”.
In questo caso il medico, che deve essere legalmente stabilito in uno Stato UE per esercitarvi la stessa professione, deve informare il Ministero della Salute con una dichiarazione preventiva (almeno 30 giorni prima di compiere atti medici in Italia) indicando luogo e data di esecuzione degli atti medici in Italia. Nel caso in cui sussistano tutte le condizioni previste dalla norma di riferimento, il Ministero della Salute comunica la propria decisione positiva circa l’effettuazione, in Italia, della libera prestazione dei servizi da parte del professionista.
Il medico, a questo punto, può svolgere gli atti medici che ha dichiarato di voler eseguire, senza bisogno di iscriversi all’Ordine e senza bisogno di fissare la residenza in Italia e senza necessità di dimostrare di conoscere la lingua italiana.
In casi di documentata urgenza, il medico può inoltrare al Ministero la sua dichiarazione anche entro un termine più breve dei 30 giorni ordinari.
La modulistica per la dichiarazione della libera prestazione di servizi è disponibile sul sito internet del Ministero della Salute: www.salute.gov.it/ProfessioniSanitariePubblico/.
E’ opportuno sottolineare che l’esercizio della professione medica in Italia senza l’iscrizione all’Ordine è consentita solo e soltanto nel caso sopra descritto: per prestazioni occasionali rese da medici UE e previa comunicazione al Ministero della Salute. I medici non comunitari non possono svolgere alcun atto medico in Italia, nemmeno occasionale, se prima non abbiano ottenuto l’iscrizione all’Ordine (la quale, come visto sopra, è condizionata al riconoscimento del titolo, alla regolarità del soggiorno, all’accertamento della conoscenza della lingua italiana).
Tempi per la valutazione delle istanze
La domanda di iscrizione all’Albo presentata all’Ordine per tutti i casi sopra descritti, necessita di una adeguata istruttoria che consiste nella verifica dei dati autocertificati dal medico e, quando necessario, nell’acquisizione del previo parere favorevole da parte del Ministero della Salute.
Tale attività istruttoria può necessitare di più o meno tempo, in dipendenza della semplicità o complessità del caso specifico.
In ogni caso l’Ordine delibera definitivamente sull’accoglimento o il rigetto dell’istanza entro il termine legale massimo di tre mesi dalla data di presentazione della domanda.